La storia

 
 
 
L’attuale “Francesco Fiorentino” nacque come la prima scuola media statale a Battipaglia. Vista la continua crescita che registrava la nuova scuola media, i locali dati dal Comune non bastarono e in breve tempo si ebbero delle succursali sparse nelle città di Battipaglia. A questo punto da tutte le parti venne chiesto a gran voce una sede centrale ampia ed accogliente, per ospitare tutte le classi sparse sul territorio e per avere anche dei laboratori, in modo da dare impulso a tutte quelle attività extra. Tutto questo avvenne negli anni Sessanta e da allora che questa scuola si è sempre caratterizzata per la drammatizzazione, per i laboratori linguistici, artistici, tecnici, musicali, scientifici, multimediali ed altro. L’Istituto Comprensivo “Fiorentino” è stato istituito nell’anno scolastico 2012/13 aggregando in un solo organismo le Scuole dell’Infanzia, Primaria e Secondaria di Primo Grado del quartiere “S. Anna” di Battipaglia per migliorare e rendere più coerente il progetto educativo della scuola di base. I presidi che in questi sessant ‘anni di autonomia si sono avvicendati con tanto entusiasmo sono:

 

1. ADRIANA COSTANZO 1950-1960

2. ANTONIO CESTARO 1960-1963

3. ENRICO TUCCI 1963-1964

4. VITO GIOIA 1964-1983

5. GUIDO MONACO 1983-1984

6. ALDO GIUSTI 1984-1985

7. ADRIANO D’AMBRISI 1985-1996

8. EMILIO PANNULLO 1996-2003

9. MIRIAM D’AMBROSIO 2003-2010

10. EZILDA PEPE 2010-2011

11. ROCCO SILVANA 2011-2012(reggente)

12. LANNA ANGELINA 2012-2013

13. VODOLA MARIA 2013-2014

14. PALO DARIO 2014- A TUTT’OGGI

 

FRANCESCO FIORENTINO

Francesco Fiorentino, una vita breve, ma intensa, vissuta pienamente attimo per attimo, è uno dei tanti uomini grandi che il nostro Sud ha elargito a piene mani, quasi che l’antica Mater Mediterranea e il retaggio culturale della Magna Grecia abbiano lasciato un segno profondo ed indelebile nelle generazioni.

Nacque a Sambiase, in provincia di Catanzaro, il 1° maggio 1834, il padre Gennaro, farmacista, la madre casalinga, affidarono l’educazione del piccolo Francesco al prozio materno, teologo e valente latinista, Giorgio Sinopoli e allo zio Bruno, fratello della madre, il quale giovanissimo fu parroco a Maida. Vissuto fin dai primissimi anni in un ambiente di cultura, che egli aveva avidamente assimilato, manifestava una tendenza al sapere sempre più decisa, un forte desiderio di conoscere, un’infaticabile fame di lettura. Maturò una profonda e varia cultura dai forti interessi speculativi, dai quali non riuscivano a distoglierlo neppure gli studi giuridici portati a termine presso l’Università di Catanzaro, una delle tante università di provincia voluta dai Borboni per decentrare l’Università di Napoli. A Catanzaro, infatti, cominciò ad insegnare privatamente lettere e filosofia e ben presto si impose per la sua preparazione. Intanto iniziava la lettura del Giuberti che si sostituì al Galluppi e al Cousin letti ed amati durante l’adolescenza: fu completamente conquistato dal suo pensiero: filosofo, religioso, rivoluzionario, il Gioberti gli faceva intravedere i riflessi della filosofia nordica, sebbene filtrata attraverso la sua concezione cristiana e cattolica, mentre poneva all’attenzione della pubblica opinione il problema politico nazionale, fino ad allora patrimonio esclusivo de sette ed associazioni segrete. Alle notizie dei successi piemontesi della seconda guerra d’indipendenza scrisse le sue poesie patriottiche: oltre l’amore per lo studio, l’amore per la patria segnò quegli anni tanto che, nonostante gracile e miope, decideva di partecipare attivamente alla lotta per l’Unità d’Italia e nel 1860 fu con I Garibaldini a Calderaio e Saveria Mannelli. La fama di Francesco Fiorentino cominciò a divulgarsi dal momento in cui venne nominato con Decreto del dicembre 1860 lettore di filosofia nel Regio Liceo di Spoleto. Nel 1861, venne trasferito a Maddaloni: voleva essere più vicino a Napoli, dove cominciava a frequentare le biblioteche per la stesura del suo primo libro: il Panteismo di Giordano Bruno, che gli procurò la cattedra universitaria a Bologna. Nel 1870 venne eletto deputato al Parlamento nel Collegio di Spoleto; nel 1871 sposò in Bologna Restituta Trebbi che lo rese padre di quattro figli. Nel novembre dello stesso anno fu professore di Filosofia della Storia a Napoli e nel 1883, morto Bertrando Spaventa, gli succedette nell’insegnamento di Filosofia Teoretica. Moriva a Napoli il 21 dicembre 1884. Francesco Fiorentino fece della sua filosofia uno stile di vita, cercando in essa l’approdo alla sua inquietudine, la strada da percorrere per giungere alla libertà. Condusse i suoi studi con determinazione, quasi in solitudine, spinto dal suo desiderio di conoscere e di comprendere, sorretto dalla certezza che solo nel dubbio e nella ricerca della conoscenza c’è riscatto e catarsi. E’ in questa economia di vita che si dipana il suo pensiero filosofico, che a prima vista appare stigmatizzato da stridenti contraddizioni, che fanno di lui un polemista per natura, un anticonformista che spinse all’estremo limite le istanze polemiche di quegli anni che vedevano rinascere in Italia il gusto per la filosofia. Fu liberale ad oltranza; sostenitore accanito del laicismo in ogni campo della conoscenza; contrario ad ogni forma di misticismo e di dogmatismo. Volle che la realtà non avesse segreti, né nascondimenti e andò innanzi con serenità e determinazione, scoprendo nelle contraddizioni il segno palese della verità della vita. Riconobbe la ragione umana come vera autrice della storia concetto che lo portò ad essere innovatore della precettistica storiografica del tempo e anticipatore della metodologia moderna, che privilegia il giudizio critico e il rigore ermeneutico, con cui intende scoprire il pensiero filosofico latente nelle produzioni dello spirito umano. Passò ad una storiografia erudita, cercando di assicurare alle sue ricerche una visione libera dell’uomo, della società, della storia tutta e di coniugare impegno politico e tensione etica, intesi ed assicurare al singolo e alla comunità libertà di scelta e di originalità. Sulla scia di Bruno e di Vico pervenne alla convinzione che la storia non è fatta solo dalle teorie della mente, né dipende da un progetto provvidenzialistico, ma è frutto delle cupidigie e delle passioni degli uomini. Il divino e l’umano si ripropongono per questo come sintesi di una dualità che trova nell’uomo il suo substrato: “Un solo Spirito, dunque, è divino e umano: umano quando si travaglia nelle relazioni del finito; divino quando si aderge sin all’assoluto” (Scritti varii, op. cit. pag. 235). Fiorentino fu dunque convinto assertore che nell’uomo convivono gli affetti del cuore e l’ansia del conoscere, tanto che Giovanni Gentile nella sua opera “le origini della Filosofia contemporanea in Italia” così scrisse di lui: “Tra gli scrittori contemporanei di filosofia nessuno come il Fiorentino portò tanto calore di sentimento, tanta ricchezza di individualità, tanta lirica negli scritti di filosofia; e il motivo, variamente determinato nella forma logica, ma immutabile nella sostanza, è attinto sempre ad un certo oscuro sentire la filosofia come fede, come guida della vita… Egli può dirsi perciò, nonostante le sue incertezze, il poeta dell’Idealismo italiano; e questo afflato poetico dei suoi libri costituisce la vera radice dell’amore che da giovani portammo al Fiorentino e dall’azione che egli esercitò sugli animi nostri, attirandoci verso la filosofia come la cosa più degna cui si possa consacrare la vita.

dell’uomo. E rappresenta il suo vero e maggiore valore. Ché, grazie alle sue doti di artista e di maestro, la sua azione fu larga e poderosa; perché stette sempre sulla breccia, tutta la vita che gli toccò di vivere nelle riviste e nei libri; scrivendo e insegnando, a inculcare quella sua ardente religiosità indirizzata verso le cime dell’umano pensiero, che è a sua volta la cima dell’universo: con ricostruzioni storiche, con infiniti saggi e discorsi e recensioni e critiche e polemiche, in cui il suo spirito ora si acuiva e luccicava come spada, ora trascorreva impetuoso come forte vento trascinando il lettore.” Filosofo, storiografo, letterato, poeta, Francesco Fiorentino visse nella certezza che solo il “Ragionare” può guidare l’uomo verso una vita autentica durante la quale “Esercitare la giustizia ed ogni altra virtù e così vivere e morire” come afferma Platone nel Gorgia. Ma l’uomo è tale ed è vivo solo per il suo filosofare, che gli permette di valutare il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, il vero e il falso; che lo porta a giudicare e a valutare la realtà e quindi la vita con la quale può finalmente riconciliarsi; che lo aiuta a possedere la consapevolezza dei propri limiti e a liberarsi delle proprie illusioni, delle proprie utopie. Questa continua tensione verso la verità non disgiunta da una profonda ansia di conoscenza e quindi di libertà, è il messaggio autentico e sofferto di F. Fiorentino che deve essere trasmesso ai giovani, affinché essi sappiano costruire il loro domani liberi da falsi preconcetti, da falsi ideali, da sterili demagogie.